Publié le: 8 décembre 2023

L’economia ticinese: diversificata e fortissima

luca albertoni – Il forte mix fra settori di vario tipo ha permesso al Ticino di resistere, al pari della Svizzera ma meglio di altri cantoni. Un cantone con grandi potenzialità nella nuova economia digitale.

«Un Cantone in crescita, che ha diversificato il suo sistema produttivo e con grandi potenzialità anche nella nuova economia digitale.» È il quadro dell’economia ticinese tracciato da uno studio di qualche anno fa da Avenir Suisse. Malgrado ciò, il Ticino continua a essere percepito molto spesso come solo terra di banche e turismo, con poco altro. Ignorando purtroppo che il cantone è molto altro e che il ruolo del settore secondario è assolutamente centrale, visto che l’industria rappresenta oltre il 20 % del Prodotto interno lordo (PIL).

Con settori di alto livello e trainanti come la farmaceutica e il medtech e in generale con molte attività innovative. Il forte mix fra settori di vario tipo ha permesso al Ticino di resistere, al pari della Svizzera ma meglio di altri cantoni, alle molte crisi che abbiamo conosciuto dal 2008 a oggi (crisi finanziaria, forza del franco rispetto all’euro, pandemia, preoccupazioni energetiche, ecc.). Non a caso, nella statistica sul PIL lordo pro capite, il Ticino si è attestato nel 2020 al settimo posto in Svizzera. E il livello degli investimenti e il grado di autofinanziamento delle aziende hanno livelli molto alti.

Dinamismo delle imprese

Anche le cifre sull’occupazione, rispettivamente la disoccupazione, confermano come l’economia ticinese sia solida. 243 000 posti di lavoro (equivalenti a 199 000 posti a tempo pieno) su una popolazione di circa 350 000 persone sono un dato ragguardevole e in crescita da tempo. Anche nei momenti più difficili, i tagli al personale sono sempre stati l’ultima ratio e mai una misura sistematica e la disoccupazione ai minimi storici da tempo (attualmente 2,1 %, in linea con la media nazionale) è un fatto incontrovertibile che attesta il dinamismo delle imprese.

Ovviamente fa molto discutere a livello politico il fatto che vi siano 80 000 frontalieri provenienti ogni giorno dalla vicina Italia, ma essi di principio sono essenziali per il funzionamento di molti settori centrali, come le costruzioni e la sanità. Che poi in taluni casi abbiano portato maggiore concorrenza per la manodopera locale è un fatto e certe situazioni devono essere monitorare e corrette per evitare concorrenza sleale e dumping salariale. Con gli strumenti a disposizione, come ad esempio i contratti normali di lavoro che stabiliscono livelli salariali minimi, gli abusi possono essere contenuti.

Vicinanza con i confederati

Tutto bene quindi? Ovviamente no, come del resto succede in tutte le regioni svizzere. Indubbiamente vi è un problema legato alla mobilità, come per tutti gli agglomerati che hanno conosciuto un forte sviluppo e questo non è di facile soluzione a causa della conformazione del territorio e malgrado il rafforzamento della rete di trasporti pubblici.

Necessitiamo anche di importanti riforme fiscali per essere più attrattivi per le persone giuridiche e per le persone fisiche con redditi alti. Infine, fra le difficoltà si possono menzionare anche la crescente carenza di manodopera qualificata e meno qualificata, malgrado l’ampio bacino di reclutamento della vicina Italia.

Ma anche in questo, il Ticino non è dissimile dal resto della Svizzera. E per sottolineare questa vicinanza con i confederati, è essenziale la funzione della Deputazione ticinese alle Camere federali e in particolare quella del Presidente dell’usam, Fabio Regazzi, il cui impegno è stato premiato con una brillante elezione al Consiglio degli Stati. Che servirà quindi a portare con ancora maggiore forza la voce dell’economia cantonale nella politica federale.

Luca Albertoni,

Direttore, Camera di commercio,

dell’industria, dell’artigianato e dei servizi del cantone Ticino

Articles approfondis

Les plus consultés